Non molto tempo fa le barche da lavoro venivano chiamate con il nome del progenitore dei marinai che vi navigavano.
FAUSTO PADRE è un bel pescherccio ancora di legno dalla prua ben arcuata con un’avvio sull’acqua largo e maestoso: adatto ad appoggiarsi sulle ripide onde del mediterraneo. In estate, per occasioni speciali, dietro l’argano viene messo un tavolo che rende più comodo e arieggiato l’intermezzo del mangiare.
Essere ospiti a bordo è una occasione speciale, oggi si può perdere tempo.
Piatto di lusso senza fuoco, le mani color tabacco, callose, segnate dai solchi delle sagole di Fausto (il nipote del nonno ricoradato a poppa) separano la carne rossa del pesce dalla spina centrale e dalle lische.

—ho! Il sashimi—

esordisce la mia amica ospite.

-No è tonno-

Precisa Fausto mentre riduce a piccoli pezzi, grandi come una nocciola, la carne.
In una zuppiera la rivolta assiene a pistacchi battuti di fino, origano salvia verde, rosmarino e sorpresa: anche piccoli frammenti di cannella. Poi condisce con olio limone e qualche goccia di aceto.
Il tempo necessario a far terminare i lavori al resto dell’equipaggio, abbassare i giri del motore e a tavola con il vino fresco, riparati dall’ombra delle cassette per il pescato ammassate sulla tettoia.
Ai lati la liquidità del mare senza orizzonte abbaglia e si confonde nella calura .