8° giorno:
Lo scirocchetto non era casuale, la mattina ci svegliamo col cielo grigio.. uffff… non pioverà, pensiamo, ma da dove ci troviamo l’idea era quella di doppiare il monte Argentario e, anche se non è l’Everest, è un muro di scogli e se il tempo dovesse volgere al peggio in breve tempo, vogliamo poter avere una chance a portata… vabbè, aspettiamo e vediamo che succede.. il meteomar promette miglioramenti. Certo che un altro giorno fermi ci farà tardare ancora, manco dovessimo arrivare alle Canarie. Ma almeno qua il posto è bello, il tratto di costa dritta e senza fascino è alle nostre spalle, da qui in su tutto merita. Verso le 13.30 si affaccia un pò di sole e le nuvole sembrano diradarsi. Aspettiamo ancora un po’ che si stabilizzi e poi salpiamo l’àncora. Non c’è molto vento ma ci muoviamo a 4/5 nodi senza troppe pretese né speranze.. per fortuna anche il mare corto che c’ha svegliato stanotte non c’è più. Il punto è che quando ci si trova sotto una costa alta (la nostra esperienza si rifà al promontorio del Circeo non troppo diverso dall’Argentario) più si è sotto e meno vento c’è: se si è sottovento rispetto alla montagna l’aria ostacolata si impenna e riscende più esterna rispetto al sottocosta seguendo una parabola ampia; se si è sopravento è più o meno la stessa cosa con la differenza che vicino terra si hanno solo turbolenze. Un’eccezione l’abbiamo trovata all’isola di Ponza: sul lato sud-est, estremità meridionale, quello del paese e del porto, la larghezza dell’isola varia da 200 a poco più di 500 metri ed è perlopiù alta e appunto stretta. Nei pomeriggi estivi, quando dall’altro lato soffia una brezza termica di 7/8 nodi, in porto o nella vicina rada del Frontone che dovrebbero essere riparati, ne arriva il doppio e più ci si avvicina a terra e più aumenta (rilevati 20 nodi una volta). Questo dura fino alle 22/23 poi scompare. Pare si chiami vento di ricaduta, tipico di Ponza e della sua costa alta e stretta. Chiusa parentesi. L’Argentario è lungo da aggirare e quando siamo ancora all’inizio del periplo la velocità cala ancora. Eppure dovremmo essere distanti da terra abbastanza da non risentire del buco costiero.. mah.. procediamo e quindi va bene così. Il vento si cerca ma non si chiama se non quando si è completamente abbonacciati. I lupi di mare dell’antica marina velica in situazioni di assoluta calma, usavano fischiare in maniera quasi impercettibile verso la direzione dalla quale volevano arrivasse il vento. Questo voleva dire chiamarlo. Se il vento arrivava o già c’era, allora fischiare a bordo era assolutamente vietato perché secondo la superstizione, voleva dire chiamarne ancora e rischiare di invocare una burrasca o una tempesta. Perciò procediamo zitti zitti sfruttando quel poco che c’è. Forse col passare delle ore salirà un po’ come ha fatto nei giorni scorsi, o forse siamo ancora troppo vicini al monte. Comunque viene poco sopra ponente perciò procediamo bordeggiando e notiamo che sia avvicinandosi a terra, sia allontanandosi non cambia molto. La montagna sfila e pian piano compare sullo sfondo la sagoma scura del Giglio… A questo punto tentazione delle tentazioni, assist che il mare da e che mi affascina ogni volta che capita una cosa del genere.. Semplice coincidenza? Sirene di Ulisse? Fate voi, io non ci credo, per me non è casuale: quando siamo ormai sull’estrema punta meridionale il vento gira un po’ più a nord, sin troppo per essere di termica ma ci favorisce. Il bordo di bolina diventa sempre più un traverso e la velocità aumenta. L’isola del Giglio dritta di prua che si avvicina a 8 nodi e il vento sale ancora un pò… lo stiamo pensando tutti e due ma nessuno lo dice… Domenico rompe il silenzio: “Ma al Giglio ci sono spiagge?” Che non è semplice curiosità, vuol dire: “Ma se andiamo al Giglio dove dormiamo?” Non la conosco e nemmeno l’ho studiata più di tanto.. so solo che puntiamo dritti a Giglio Porto.. Prendo una carta dal tubo (è di quello porta disegni che usano gli studenti). Nei dintorni del porto non ci sono approdi per noi, potrebbero essercene a Campese ma è dall’altra parte. Vabbè però c’è il porto… ma nel porto possiamo entrare a vela? Al limite pagaiamo… ok ma saranno 8/9 miglia, la traversata non potremmo farla… perché quella fino all’Elba sì?? E allora ammainiamo il jolly roger e torniamo ad Anzio no? E se non c’è posto? Troppe domande, il mare ce lo sta dicendo, c’ha già insegnato che i programmi servono a poco e le chiacchiere stanno a zero… avremmo già dovuto cominciare a stringere il vento da un pezzo per girare attorno all’Argentario e invece la rotta punta ancora sull’isola nera (è in controluce e se ne distingue solo il profilo scuro, pare Tortuga, l’avete mai vista? Io nei sogni sì)… il fascino dell’isola conquistata.. non serve che ci diciamo “OK”… si tratta di silenzio assenso! Tappa non prevista, certo un giorno in più per l’Elba… ma tu vedi sponsor sullo scafo o sulla vela? Io no… e poi ahò, stamo in vacanza! Domenico governa io mi attivo per le informazioni che non ho. Chiamo Massimo detto Barabba, (né ladro né mendicante, solo assonanza col cognome) facile che abbia un accesso internet a portata di mano, mi serve il numero di Giglio Porto. Ce l’ha, ce l’ho. Chiamo la Capitaneria, resto sul vago dicendo che stiamo su un’imbarcazione (generica) in avvicinamento. Mi dicono che il porto ha una banchina pubblica per il transito che può essere utilizzata gratuitamente dalla 18.00 alle 8.00, durante il giorno è dell’aliscafo! OK, questo è il piano A, il piano B è solo una mezza idea ma non ci penso neppure.. L’isola è nera ma molto più grande. Poco prima delle 18.00 entriamo nel suo cono d’ombra e cominciamo a distinguere qualcosa. Tra meno di mezz’ora dovremmo essere lì. Qualche barca a vela già ronza davanti al porto. Prendo il VHF portatile dal boma e sul 16 “LocaMare Giglio, LocaMare Giglio da Catamarano Africa”— Mi rispondono e da prassi cambiamo frequenza. “Siamo un catamarano a vela, 21 piedi in arrivo, chiediamo disponibilità di ormeggio in banchina di transito” Avrei dovuto dire “solo a vela” ma … non l’ho detto, resto vago. Ci confermano che c’è ancora posto e ci preannunciano che la banchina si trova appena a destra del fanale verde di ingresso al porto. Do il ricevuto e specifico che ci fermiamo giusto un attimo all’esterno per ammainare la randa. Arriviamo e ci mettiamo al vento, in men che non si dica la randa è giù, arrotolata e fissata con un elastico sulla terrazza. Tiriamo fuori le pagaie anch’esse solitamente infilate sotto il telo che riveste la terrazza. Riapriamo il fiocco e ci muoviamo piano piano verso l’ingresso del porto. Dopo 5 minuti ci richiamano via radio sollecitando l’ingresso e noi rispondiamo dicendo che siamo a 10 metri dal fanale verde, tra un attimo ci vedranno comparire. … un minimo di tensione c’è perché comunque è vero che la traversata per noi è vietata ma se mi becchi in mare aperto alzo le mani e mi arrendo, una volta sull’isola direi che la distanza da terra è regolamentare no?.. entriamo… in banchina ci sono già 5 barche a vela ormeggiate, rimane un ampio spazio tra l’ultima della fila e un peschereccio. Non serve che comunichiamo che siamo noi il “catamarano Africa” sugli scafi è perfettamente leggibile e l’addetto della capitaneria che attende sul molo con il portatile e un blocco notes in mano sicuramente se n’è accorto… dalla faccia che ha è sicuramente così, ormai siamo dentro. Chiudiamo il fiocco perché non c’è più molto spazio e ci affidiamo alle pagaie. Una cima è già pronta sul trampolino. Ci dirigiamo verso l’ultima barca, un 46 piedi con a bordo un signore sulla cinquantina (lo skipper) e 5/6 ragazzi sui 25 anni. E’ sicuramente un charter e stanno brindando con del vino bianco al buon esito della giornata e dell’ormeggio, lo skipper fa i complimenti ai giovani incoraggiandoli. Gli equipaggi delle altre barche, tutti ancora a bordo perché arrivati poco prima di noi, hanno già interrotto le loro attività concentrando gli sguardi su di noi.. Ora anche sul 46 charter fanno la stessa cosa. La padella, i barili, il gps… solita storia, un altro ADF… A terra un anziano ormeggiatore ci dice che serve l’ancora in mare e cime a terra per l’ormeggio. Siamo di prua e preferiamo restare così per non rischiare i timoni contro la banchina. Perciò passiamo velocemente l’àncora e la gettiamo in acqua da poppa. Lanciamo a terra una cima, l’ormeggiatore la da volta su una bitta e noi fermiamo il tutto a bordo in maniera che entrambe le prue siano comprese nel circuito. Infine cazziamo l’àncora per tenere la giusta distanza dal cemento. Siamo fermi, Giglio conquistata!!!
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Commento file: La Feniglia: in attesa della schiarita
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Commento file: Giglio conquistata. Africa e la paranza!
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_________________ Il mare non vuole bravi!!
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