La nostra Barcolana 2015, non solo 4 boe
Il meteo a una settimana dalla domenica 11 ottobre non promette niente di buono. Anche il Venerdì quando decido d’iscrivermi alla Barcolana il vento di bora a Barcola si fa sentire. La mia debole ricerca di un equipaggio preparato si limita all’invito fatto ad una persona del forum che si nega in extremis constatando le pessime previsioni. Non posso che dare ragione anche a Carlo, quando la vigilia al telefono cerca di allarmarmi negandosi a sua volta. Ma l’iscrizione ormai è fatta, non resta che aspettare e attendere di vedere “ che tempo che fa”.
Nel frattempo la vigilia mi arriva anche un sms del Comitato di Regata per le pessime previsioni mattutine: partenza spostata dalle h 10,00 alle 12,30 con l’invito a rinforzare gli ormeggi e la chiusura di innumerevoli tende del villaggio Barcolana per raffiche di bora superiori ai 100 km /h.
Bene penso, domenica si dorme, ma alle 9,00 mi alzo e non si muove una foglia, chiamo Chiara già in lista equipaggio, ma non risponde. Chiedo a mia moglie se mi accompagna lei poi decideremo il da farsi sul posto. Ha qualche tentennamento ma si lascia convincere e partiamo. Borsa con adesivi, cerata e la prima grave dimenticanza: lo schema con la mappa delle boe e le loro coordinate. Pazienza penso, seguiremo la massa di barche che raggiungiamo e troviamo allineate alla boa di Grignano Miramare, ci arriviamo puntuali alle 12,30 dopo il trasferimento dal Villaggio Pescatore.
La partenza richiede molte attenzioni, una barca rossa sui 20 mt ci supera con irruenza sfiorandoci e facendosi strada con ordini perentori del comandante dati al suo equipaggio, ma espliciti anche per i piccini come noi che siamo solo un intralcio alla scelta del loro percorso, ci induce a toglierci dai piedi senza guardare le precedenze. Il vento è incostante sia per intensità che per direzione approssimativamente un N/E all’inizio clemente poi a raffiche più intenso, ad occhio a tratti sui 15 nodi. Per raggiungere la prima boa non è decisivo sapere dove andare, l’andatura di poppa permette facili deviazioni con vele a farfalla o al giardinetto per schivare barche più lente o più veloci e aggressive. Noto che la concentrazione di barche è maggiore verso Barcola, la mia velocità è molto variabile sui 4/5 nodi ma anche con qualche pausa più lenta per ripetuti buchi di vento.
Le due mani di randa ridotta messe prudentemente alla partenza le tolgo subito per sfruttare al meglio quel bordo facile, che tanto facile non deve poi esserlo se ancor prima che noi arriviamo in boa 1 alle h 14,10, Vasco Vascotto con Robertissima è già arrivato da una mezz’ora non alla prima come noi, ma al traguardo … certo altra barca e altro equipaggio.
Quando ci avviciniamo alla prima boa la tensione aumenta insieme alla concentrazione di barche che si fanno sempre più strette. E’ davvero impressionante sentirsi pressati a un metro da un mare di barche da dx da sx da dietro con la necessità di cambiare subito rotta e assetto: ora è bolina stretta, tutta un’altra faccenda con direzione “ senza meta” perché la terza boa non la vediamo. Così la competizione s’ingaggia con un Comet 8 che prevale solo a tratti e stringe di meno il vento, mentre Lisca, una bella barca sui 7 mt verde e larga tipo Mini Transat , mi semina e sparisce all’orizzonte. Le barche si allargano, c’è chi fa un bordo verso terra, attraversando con qualche brivido la massa che come me dirige verso nord con mure a dritta, attraversare credo sia una scelta vantaggiosa, ma io non me la sento di fare lo slalom fra le barche . Mi accorgo tardivamente che la mia lunga bolina è insufficiente a raggiungere la sconosciuta boa 3 di Grignano/Miramare, ci spostiamo troppo al largo e lontano dalla meta. Fatichiamo non poco per avvicinarci di nuovo a terra con una serie interminabile di bordi che ci sfianca, litigo con mia moglie che si ostina a dirmi di andare verso dove semplicemente non posso perchè la direzione del vento me lo impedisce. Riduco ancora il fiocco e dovrei ridurre anche la randa, ma non me la sento proprio di farlo lasciandola al timone che non riuscirebbe senz’altro a tenere, così preferisco scarrellare e tenere la scotta sempre in mano cedendone un po’ continuamente sotto raffica. Lo strozzascotte del trasto è usurato e insufficiente, continuamente cede. Dopo la boa di Grignano spero di aver terminato con i bordi e invece ci ritroviamo di nuovo troppo sottovento alla quarta boa vicino Barcola. Sottocosta i venti sono variabilissimi e i buchi di vento continui. Qui ho il primo sfioramento da brivido con una barca in gara che naviga lentissima ma in direzione opposta alla mia con mure a dritta. Devo assolutamente levarmi di torno e lasciargli acqua libera alla rotta che chiede decisa, ma un buco di vento e la corrente contraria mi fa trovare impreparato in completo stallo, il timone non risponde. Piuttosto che tentare di virare da fermo nei pochi metri che ci separano preferisco mantenere una rotta esattamente opposta e il più possibile parallela per evitare di prestare la fiancata o il mio FB scodando. Una collisione sembra inevitabile, ma una persona del suo numeroso equipaggio intuisce la mia “paralisi” e si lancia coraggiosamente a prua spingendo di lato il mio pulpito con le mani di quel poco che ci fa sfilare e riesce ad evitare qualsiasi contatto. Un sospiro di sollievo con le mie scuse sono dovute, mentre anche la quarta boa passa finalmente sulla dx.
Sono ormai le 18,00 e poco dopo sento una sirena che mi fa dubitare di aver forato il tempo massimo. L’ultimo tratto verso il molo Audace è un traverso più veloce anche se la variabilità del vento con raffiche continua ad inchiodarmi alla scotta.
Passiamo con soddisfazione il traguardo alle 18,19 con un pizzico d’amarezza per non trovare nessuno ad accoglierci, ce lo saremmo meritato, ma siamo arrivati e non siamo nemmeno ultimi, un bacio al mio unico fedele secondo è dovuto e un po’ di soddisfazione la leggo anche nei suoi occhi. Il Villaggio del Pescatore e il mio ormeggio sono ancora lontani e la luce presto se ne andrà riservandoci un ritorno tutto nelle tenebre. Mi accorgo che le luci di via non funzionano, lascio solo la luce bianca a 360 ° e mi preparo al rientro sbagliando di nuovo: per evitare gli ultimi arrivi rimango al largo ma in questo modo siamo più esposti alle raffiche di bora che continua inclemente. Era più facile virare verso sx al traguardo e costeggiare Barcola sottocosta più al riparo dal vento. Faccio il contrario e ben presto me ne dovrò pentire, devo rassegnarmi a togliere la randa, per farlo devo lasciare un attimo la barra a Laura che nonostante il motore sia acceso non regge lo sforzo di tenerla nel vento o non se ne accorge facendo fare alla barca un giro completo di rotta di 360° proprio mentre sto calando la vela, il risultato finale dopo uno sbattimento di vela interminabile, è uno strappo a sette di una 30 di cm in corrispondenza di una stecca che credo abbia forato il tessuto della vela senza rimedio.
Lo sapevo, era ormai vecchia, la ammucchio alla rinfusa in cabina senza drammi. Proseguiamo con solo fiocco ridotto in direzione canale di Monfalcone, unica rotta certa che ritengo libera da ostacoli di terra e di mare, tipo allevamenti di molluschi sottocosta che non ricordo se sono tutti segnati sul GPS che stranamente e improvvisamente per tre volte si spegne. Prima della partenza avevo cancellato tutte le tracce memorizzate per fare pulizia, il risultato è che ora devo fidarmi solo della cartografia riportata, tutte le mie vecchie e preziose tracce sottocosta che ora mi potrebbero essere un utile riferimento di percorso libero da ostacoli non li ho. Per questo mantengo la direzione dei fanali rosso e verde del canale che si mescolano però con una miriade d’altri fari che con la navigazione non centrano nulla. La velocità con motore acceso e fiocco parzialmente aperto è buona, dai 5 ai 7 nodi. Provo ripetutamente a lasciare l’auto pilota per riposare, ma lo sforzo sul timone sotto raffica è forte, e AP non lo riesce a tenere. Quando mi trovo davanti a Sistiana penso di portarmi sottocosta per rimanere più protetto dal vento, poi cambio idea e mi viene in mente di accendere anche l’eco per tenere sotto controllo anche il fondale.
Lo cerco al buio nel gavone e attacco la spina a tentoni, non riesco nemmeno ad accenderlo che la barca si ferma improvvisamente contro un ostacolo, alzo la testa e mi accorgo di aver preso due boe lunghe circa 1,5 mt , ci sono già sopra con la fiancata. Il motore FB continua a girare, mi precipito per inserire la folle mentre la barca sussulta e sento colpi sinistri che spero non siano mortali per il cambio e per l’elica. Osservo il gps cercando una spiegazione all’urto, ho beccato il vertice estremo dell’allevamento di cozze in prossimità dell’inizio canale Monfalcone. Non ne sono certo ma luci in quel punto non c’erano oppure non le ho viste accecato dai numerosi fari più intensi sullo sfondo verso la zona industriale. La barca ora è ferma, ancorata a milioni di prolifiche cozze, sono incerto se sbrigliarmi subito, mi scorrono pensieri angosciosi rapidi e fugaci: se il motore non riparte e mi libero cn la bora atterro alla secca di punta Sdobba in circa 15 minuti, le foci dell’Isonzo le conosco bene, ma atterrrare di notte non è come andare a vongole, i sacchi a pelo in cabina ci sono, aspetto mattina e poi chi chiamo ? Risalire la bora verso nord con solo fiocco è impossibile. Calma ! Rispondo a Laura che mi chiede insistentemente “ e adesso cosa facciamo ? “
Prima provo il motore, l’elica sembra ancora funzionare, lo spengo e lo sollevo, poi alzo la deriva e lo scarroccio sotto raffica subito si fa sentire, siamo liberi di nuovo. Procedo lento a motore senza più il fiocco che ho rollato completamente costeggiando lasciamo a dx le boe che illumino e sfilano sinistramente nel buio. Non devo allontanarmi troppo, voglio continuare a vederle per capire quando finiscono, dove alla fine posso passare sulla dx per riprendere finalmente il canale che da Duino porta al mio ormeggio,. Qualche luce o solo una pittura rifrangente sulle boe nere aiuterebbe ad orientarsi. Mentre illumino con la torcia mia moglie mi aiuta ad individuarle, lei che mi dice sempre che di notte non ci vede, invece ora improvvisamente ci vede meglio di me e me le anticipa. L’adrenalina fa miracoli… Se perdo il passaggio arrivo in secca e poi sugli scogli. Trovo un varco, penso di esserci ma è solo un corridoio nell’allevamento di cozze che con quelle condizioni di vento contrario è una trappola per topi. Ci fermiamo subito di nuovo su una boa, questa volta più dolcemente. Ripeto la manovra, di sbrigliamento e realizzo che il mio ricordo della coltura parallela alla costa e al canale è sbagliata, sul gps è chiaro che il vivaio è un quadrilatero con un vertice verso il canale. Al buio è tutto più complesso e incerto, la tensione e la paura m’induce a interpretare la miriade di luci in modo strano e sbagliato, alla fine mi fido di più della profondità che l’eco mi dà, comincia a calare 6-5-4 mt con questo dato oggettivo che conosco meglio riesco a venirne fuori. Cambio rotta e punto deciso contro vento verso il castello di Duino guardando la profondità riprendere quota sui 6 mt , lascio sfilare le ultime file di boe più nere che mai sulla dx raggiungendo finalmente il rosso e il verde del canale che porta al mio ormeggio. Arriviamo silenziosi davvero stremati, niente tendalini, le vele in cabina messe alla rinfusa in attesa del velaio è ora di cambiarle, lo scafo da verificare e da due anni senza antivegetativa, segnavento in testa d’albero bloccato, luci di via da verificare.
Credo che per quest’anno possa bastare.
Una sola considerazione, son passati 9 anni, ora a 68 non so se ci riuscirei